martedì 27 agosto 2013

The rainmaker

In the cloud raindrops swirl,
In the mind -- thoughts.
Ha! There is no rainmaker!


Kalidas

giovedì 9 maggio 2013

Water

it's not important who you read or where you start, we are like water: we have to get to the sea.

sometimes the road is scaring... and water creates waterfalls
sometimes big hurdles are in front of us... and water creates lakes
sometimes the road is fast and water creates torrents
sometimes the road is flat and water creates lagoons
but we eventually get to the sea, all of us.

see you there ;)

sabato 2 marzo 2013

"Che cosa allora si può fare per superare questo senso di identità [...]? [...] Tutto ciò che richiede di essere sperimentato [...] è già presente, e tutto ciò che s'aggiunge in più sarebbe d'impedimento [...] È semplicemente necessario vedere che il nostro «io» abituale è una immagine falsa e impotente. [...] A questo fine nessuna tensione di muscoli o deliberato rilassamento di muscoli, nessuna ripetizione di formule, nessuna autosuggestione, nessun esercizio di immaginazione, nessuna disciplina psicofisica di nessun tipo può fare nulla, ma soltanto aggiungere consistenza al fantasma. In ogni minimo movimento per cambiare, o per cercare di non cambiare, il tuo modo effettivo di sentire sarà proprio una in più di quelle futili tensioni muscolari [...] che danno apparenza alla realtà dell'ego separato. [...]
A questo punto non c'è nulla da fare ad eccezione di ciò che accade da sé. Tutto ciò che rimane è la semplice consapevolezza di quello che sta succedendo - gli alberi che vedi alla finestra, i rumori della strada, i rintocchi di una campana, la luce del sole sul tappeto, la respirazione, le sensazioni corporee, il parlare a te stesso nella tua testa. Il consueto jazz cosmico. È tutto ciò che c'è, ed ogni piccola parte di esso [...] sta accadendo ora. Vien fuori dal nulla. [...]
Tu, come ego, non puoi cambiare ciò che stai sperimentando [...]. C'è solo e semplicemente quello che sta accadendo, inclusi quei particolari pensieri, immagini e tensioni che attribuisci abitualmente al fantasma pensatore e attore. Essi persistono come echi, ma [...] perdono d'interesse, s'acquietano, e se ne vanno da soli. [...]
Se tu hai compreso tutto questo, sei semplicemente consapevole di ciò che sta accadendo ora, e possiamo chiamare questo stato meditazione [...]. Ma non è che tu sia un qualche cosa che sta semplicemente osservando ciò che accade. «Ciò che accade» sta proprio usando il tuo organismo per osservare se stesso. [...]
Se questo diventa chiaro, lo sforzo di trasformare la propria mente dovrebbe venir meno [...]. Questo venir meno diverrebbe allora lo stato di contemplazione, la realizzazione che tutto è Uno. [...]
Come lo esprime il patriarca Zen Sen-ts'an (Sosan):

L'uomo saggio non si sforza
L'uomo ignorante lega se stesso
Se tu lavori sulla tua mente con la tua mente
Come si può evitare una immensa confusione?"
(pp. 89-97).




L'arte della contemplazione di Alan W. Watts.

martedì 29 gennaio 2013

È un'indagine amichevole!

"Se volete osservare voi stessi, per prima cosa dovete trovare il vostro al fine di osservarlo. [...]
Ciò che dobbiamo fare davvero è sviluppare una nuova forma di osservazione di sé, più simile allo stare con sé. Essere semplicemente lì mentre tu crei il tuo sé, osservando questo processo in cui tu fai di te stesso un sé. Perché se tu non stai creando il tuo stesso sé, chi lo sta facendo? Nello dzogchen viene espresso così: «Rimanere con chi sta facendo qualsiasi cosa accada». Se sorgono pensieri, rimani con chi sta pensando quei pensieri. Se sorgono sensazioni, rimani con chi sta provando quelle sensazioni. Se non sorgono né pensieri né sensazioni, rimani con chi è completamente insensibile e ottuso. [...] Se osservate attentamente, siete in grado di vedere la nascita del sé. Ma se non osservate attentamente, [...] si presenterà sempre come una sede eterna del sé [...].
Se si trattasse soltanto di scoprire il colpevole, potreste effettuare un'indagine. Ma con questo genere di indagine il colpevole non esiste. Dunque è necessario un altro tipo di indagine, differente da quella della polizia. È un'indagine amichevole! Perché se potete diventare amici di voi stessi, baciarvi e carezzarvi, iniziate a rilassarvi. E se diventate molto abili, potete 'fare l'amore' con voi stessi, sciogliendovi completamente, allora non vi fate più del male. Questo è il principio generale dello dzogchen; e quel piacere, rilassamento, lasciar andare, serenità, fiducia, spontaneità, queste dilettevoli qualità sono la via. [...]
Non si tratta di mantenere un tipo di meditazione stabile e rigida, ma di procurare lo spazio che consenta all'esperienza di sorgere e passare. [...]
Non ci forziamo a fare qualcosa. Cerchiamo piuttosto di aprirci a una relazione più sottile con la nostra consapevolezza. [...]
Vaghiamo, nel senso che la nostra natura è proprio quella di essere in continuo movimento. Non è che scegliamo di muoverci o di fermarci, perché anche quando ci fermiamo, difficilmente ci fermiamo davvero; ci contraiamo, giocherelliamo nervosamente o facciamo qualcosa, perché la nostra condizione effettiva di esseri senzienti è che raramente siamo in uno stato di semplice essere. Noi siamo esseri che agiscono, reagiscono, si agitano, creano di controllare e rincorrono una sicurezza sfuggente" (pp. 27-30, 32-33, 36).


Il momento in cui ho capito che non dovevo più combattere con me stesso è sorto improvvisamente un grande senso di sollievo. Ho amato tutti i miei me stesso. E' stato come chiudere una mano e vedere che le dita, seppur diverse, sono un'unica cosa. Cercare è trovarsi.

venerdì 23 novembre 2012

Compassione

Uno dei momenti più importanti del mio percorso è stato l'accettare me stesso.
Ovvero tutti i me stessi. E' facile accettare i propri lati belli, difficilissimo quelli brutti.
Sorge sempre la critica e il desiderio di migliorarsi. E' facile dire smetterò di fumare in un momento di esaltazione.
L'accettazione non è quello, è avere compassione della propria schiavitù dal fumare.
Non è qualcosa che si possa ottenere con la volontà o con lo studio.
Si raggiunge solo con il perdere, con l'abbandono, con l'enorme compassione che scaturisce per i noi stessi.
E' come aver sempre visto tante dita, tante personalità e rendersi conto che si chiudono tutte in una mano sola. E' vedere l'unità nella molteplicità. E in quel momento il giudizio cade e sgorga da dentro una profonda commozione e amore per tutto quello che si è, e poi la commozione improvvisamente si diffonde a tutto e tutti. Se posso amare tutte le parti di me stesso come non posso avere compassione per tutte le parti del mondo di cui sono essenza comune.
Tutto è un regalo nell'esistenza.

E ora un altro piccolo e affascinante brano di Jollien che mi ha fatto scaturire la riflessione di cui sopra.

Alexandre Jollien, Il filosofo nudo. Piccolo trattato sulle passioni sempre tratto dalla newsletter di www.lameditazionecomevia.it

"Appena un momento fa [...] ho capito che la gioia dipende da una semplicità pura, senza zavorre, in virtù di un'adesione sobria ma completa all'esistenza. Per un po' mi sono sentito libero da dispiaceri, rimorsi e desideri vani. Ho lasciato da parte tutto ciò che distoglie dalla vita per accogliere il presente in modo tenero e completo. [...] Il dispiacere ci rende infelici due volte: la prima per non aver realizzato ciò che desideravamo; la seconda perché riattiviamo la tristezza, sgridandoci per il fatto di provarla. Tutto l'opposto della gioia, nella quale non giudichiamo mai la vita!
Semplicemente, giudico troppo! Ed ecco un altro giudizio! Come fuggirne? Ma è poi possibile? Per accogliere tutto ciò che scopro in me devo contemplare senza troppi commenti il caos che incontro [...]
Accettare, accettare, accettare! La gioia dipende dal non-rifiuto. [...]
Se la gioia proviene dall'adesione al reale, essa richiede che io accolga ogni aspetto della vita [...]. Implica pure che io non rigetti la mia tristezza né i miei accessi di rabbia. Questo è necessario, per non cadere in una letizia di facciata, in una specie di farsa. [...]
La gioia proviene da una adesione che, al suo grado più elevato, accetta l'imperfezione del mondo. [...]
Se ripenso alla mia infanzia mi rendo conto che i momenti tristi, i dolori e la pena, non li ho mai vissuti a fondo. [...] Per eliminare e purificare i germi della tristezza che verranno ad agitarmi, devo proprio [...] osare una resa incondizionata nei loro confronti? [...]
Quando tutto spinge alla fuga bisogna restare disponibili e affrontare la tempesta. [...]
Mi rendo conto che ci sono ferite da cui non guarirò mai. Lungi dall'essere opprimente, questa constatazione libera e mi alleggerisce dal peso di un'illusoria guarigione totale. [...]
Spossato da tante corse, ho fatto il morto in metropolitana: nessuna tensione nel corpo, lo sguardo basso, le braccia lungo i fianchi. E se fosse questa l'accettazione: fare il morto? Per meglio rinascere e sprofondarsi nella gioia. [...] Sì, io rifiuto questo mondo. Le umiliazioni, le delusioni me ne allontanano! L'accettazione mi sembra così lontana. Sono sempre più convinto, tuttavia, che essa non richieda necessariamente uno sforzo, una lotta. [...]
Nei miei commenti non aderisco mai alla realtà. Faccio confronti, mi sottometto al regno dell'apparenza. [...]
Se si nutre un cane affamato, potete picchiarlo e picchiarlo, ma tornerà di sicuro il giorno dopo. Ma di certo le ferite resteranno per sempre... Dobbiamo accettare il fatto che forse non guariremo mai dalle nostre mancanze o dalle nostre piaghe, accettare che i colpi ricevuti in passato possano ossessionare l'anima, per aprirci ai doni dell'oggi [...].
Una gioia immensa: la perdita dell'illusione di una guarigione totale.
Ciò di cui avrei bisogno di fronte alle mie ossessioni sarebbe tornare di continuo a questa interiorità, fare il morto, non rifiutare le ferite [...]. Per ora mi basta dire: «Non accetto sempre la mia condizione, ma non è un problema». [...] Per cominciare, posso già accettare il fatto che non accetto. Qui e ora mi è impossibile un'adesione facile e immediata alla realtà"



giovedì 22 novembre 2012

l'essenza dell'abbandono è in ogni istante

"Ultimo appuntamento dal medico per un prelievo di sangue: più mi sforzavo di non muovermi, più il mio braccio, spastico, ne combinava di tutti i colori. Sentimento di totale impotenza rispetto a un corpo ribelle. All'improvviso mi si è imposta una parola: «D'accordo!» E la lotta si è poco a poco pacificata, la calma è giunta nonostante me. Amo ciò che il corpo insegna.
«D'accordo!». [...]
Voglio esercitarmi all'abbandono. Non si tratta di gettarmi in alto mare per imparare a nuotare, ma di praticare ad ogni occasione, fare del quotidiano il luogo profondo dell'esercizio.
[...] Ho il presentimento che al fondo di ogni grande gioia ci sia un cuore che si allarga, un essere che ritrova la sua dimensione: meno si fa caso a se stessi, meno si soffre. Incontrare veramente l'altro, ascoltarlo, vi contribuisce senz'altro. [...]
È una specie di legge paradossale che percepisco in maniera sempre più chiara: la gioia decentra. [...]
Aprirsi, aprirsi, ecco l'ascesi! [...]
Non si tratta di liberarsi del mondo, ma del mio mondo, delle etichette che classificano il reale, mi separano da esso e mi rinchiudono nella prigione dei miei pensieri [...]
Guadagno del giorno: [...] è il reale che guida i miei passi, solo così posso perseverare e progredire. L'ascesi procede insieme alla gioia, conduce allo spogliamento di sé e non alle mortificazioni o alle privazioni tristi. [...]
Osservare
«Guardare, ma non toccare!» Simili parole possono frenare la curiosità dei bambini nei musei. Ma non dovrebbero invece eccitare la mia, durante la visita del mio museo interiore? Insomma, non riesco mai ad osare il non agire, né guardare senza toccare (senza fuggire, senza iniziare qualcosa) i paesaggi intimi che la mia ignoranza [...] vela fin troppo spesso. Un riflesso curioso e molto potente vorrebbe che io prendessi delle decisioni senza alcuna proroga, vorrebbe che mi cambiassi. Perché non lasciarsi sprofondare fino alla regione dell'affettività invece di legarsi ai giudizi e ai pensieri? Non si tratta forse di conoscere tutto, di conoscersi a fondo?
Soltanto vedere ed esaminare [...].
Io sono questa porta, questa neve, sono quella passante che cammina in fretta. Accolgo i miei fragili passi sulla neve senza alcun giudizio. In breve. faccio saltare le distanze che mi separano dal mondo, le barriere interiori che mi dividono dalla realtà per sposare il reale senza giudicarlo. [...] Assorbirsi in ciò che si percepisce per dimenticare l'io. [...]
Di fronte al cedro ho preso coscienza del fatto che vivo nei miei pensieri, che mi separo dal mondo, che lo smembro con mia grande sofferenza [...]. Giudico il reale di continuo [...]. Ebbene, il cedro non serve a nulla: è. È là, semplicemente. Comincio a godere del fatto che la vigilanza non si opponga alla distensione"

Alexandre Jollien, Il filosofo nudo. Piccolo trattato sulle passioni

venerdì 21 settembre 2012

Non prendere decisioni durante la notte (Osho)


 
Domanda: Sono in difficoltà nella relazione con la mia ragazza e mi sto chiedendo se continuare oppure no.
Non avere fretta; il fatto è che la mente ha momenti luminosi e momenti oscuri, giorni e notti. Quando è giorno, tutto sembra bellissimo e puoi vedere ogni cosa con chiarezza.

Quando scende la notte, tutto diventa buio e non riesci a vedere nulla chiaramente.

Se decidi qualcosa in un momento in cui è notte, in un istante buio in cui l’energia è bassa, con ogni probabilità non sarà una cosa saggia, perché la realtà è che hai anche avuto dei bei momenti con questa donna.

Pensa un po’: siamo seduti qui insieme, c'è luce, puoi vedere me e tutte le altre persone presenti, puoi vedere gli alberi – e poi improvvisamente salta la corrente. Ora non puoi più vedere nessuno; gli alberi e tutto il resto non ci sono più. Ma puoi forse dire ora che gli alberi e le persone non esistono più? Se dici questo, hai preso una decisione prematura. Non ti ricordi che qualche istante fa c’era luce e gente, gli alberi erano verdi ed era tutto chiaro?

DECIDI SOLO QUANDO SI FA GIORNO!

Quando è notte, ricorda che c’è anche il giorno – non dimenticartene – e vedrai che presto il giorno arriverà. Quando devi decidere qualcosa, è sempre bene decidere durante il giorno; allora la tua vita sarà positiva. Se decidi di notte, la tua vita diventerà negativa. Questa è la distinzione che faccio tra una persona religiosa e una che non lo è: la persona non religiosa decide sempre della sua vita durante la notte, in uno stato negativo. Ecco perché non può dire che Dio esiste – essa afferma che Dio non c’è. Tutti i suoi ‘no’ messi insieme diventano un grande no: “Dio non esiste”. Tutti i sì messi insieme diventano un grande sì: “Sì, Dio c’è!”.

Aspetta! Le decisioni vanno prese quando c’è luce.

Quando senti che ami di nuovo questa donna, che le cose fluiscono e tutto è splendido, estatico, allora decidi, e se vuoi separarti, separati! Ma non decidere durante la notte. Ecco perché ti dico di continuare e di osservare. Passerà.

Esiste anche un terzo stato, il trascendente.

Quando hai visto venire il giorno e la notte tante e tante volte, comprendi che c’è qualcosa che è al di là di entrambi. La tua capacità di osservare è al di là di entrambi.

Quindi ci sono tre tipi di decisioni. Il primo è il tipo negativo che fa della tua vita un deserto. In quel caso nulla può fiorire – è solo frustrazione, è l’inferno! Il secondo tipo di decisione è la decisione del ‘sì’, la decisione presa durante il giorno – la vita diventa gioia, celebrazione. Sei contento, sei felice di essere: questo è il paradiso. E il terzo tipo non è né luce né oscurità – decidi a partire dal tuo stato di osservatore, dalle esperienze fatte sia durante il giorno sia durante la notte. Quella è la decisione suprema, quella che rende una persona illuminata. Aspetta, osserva, guarda, e lascia che spunti il giorno. E poi decidi.