martedì 24 luglio 2012

Genjo Koan - Il Koan Realizzato di Dogen Zenji

Genjo Koan- Il Koan Realizzato
di Dogen Zenji

Quando tutti i dharma sono il Buddha-Dharma, allora esistono "illusione/risveglio", la pratica, la nascita, la morte, tutti i Buddha e le persone comuni.

Quando la moltitudine dei fenomeni non sono basati sull'io, allora non esiste l'illusione nè il risveglio, non esistono i Buddha nè le persone comuni, non esistono la nascita nè l'estinzione.

Poiché la Via del Buddha originariamente balza al di là delle opposizioni, esiste "nascita/estinzione", esiste "illusione/risveglio", ed esiste "persone comuni/Buddha".

Tuttavia, pur essendo così come ho detto sopra, i fiori cadono proprio quando per affetto vorremmo trattenerli e le erbacce crescono proprio quando ci danno fastidio.

"Pratica/illuminazione" della realtà sono illusione se partono dal nostro io, ma a partire dalla realtà, "pratica/illuminazione" di sé è illuminazione.

Fare dell'illusione il grande risveglio è illuminazione, ma, nell'illuminazione perdersi nella grande illusione è cosa da persone non illuminate. Inoltre, vi sono persone che aggiungono illuminazione a illuminazione e persone che stando nell'illusione continuano a restare nell'illusione.

Quando i Buddha sono davvero dei Buddha, non si rendono conto necessariamente di esserlo. Però, essi sono davvero dei Buddha e continuano a essere Buddha.

Quando percepiamo le forme per mezzo dell'intero corpo/mente e quando ascoltiamo i suoni per mezzo dell'intero corpo/mente allora apprendiamo intimamente le cose e non è come se sullo specchio si riflettesse un'ombra oppure come se sull'acqua (di un stagno) si riflettesse la luna. Se apprendiamo un solo lato, l'altro lato rimane all'oscuro.

Apprendere il Buddhismo è apprendere se stessi; apprendere se stessi è dimenticare se stessi. Dimenticare se stessi è essere risvegliato alla Realtà. Risvegliarsi alla realtà è lasciar cadere il proprio corpo/mente e il corpo/mente degli altri.

Le tracce dell'illuminazione si estinguono, e perpetuiamo per sempre l'estinzione delle tracce dell'illuminazione. Quando gli uomini cercano per la prima volta la Via, sono lontani da essa, ai suoi limiti estremi, ma quando la Via viene trasmessa correttamente, allora si diventa subito un uomo vero.

Quando si è sopra una nave, osservando la riva si ha l'impressione errata che sia la riva a muoversi. Se, però, si volge lo sguardo in basso e si osserva la nave, allora si capisce che è la nave a muoversi. Allo stesso modo, se volessimo conoscere la realtà con il nostro corpo/mente che è instabile, si crederebbe erroneamente che il nostro spirito e la nostra natura è permanente. Ma se tornassimo alla concretezza considerando la realtà quotidiana, si renderebbe chiaro il principio secondo cui la realtà non è basata sul nostro io.

La legna da ardere diventa cenere, e (una volta bruciata) non torna indietro di nuovo a essere legna. Tuttavia, non si deve pensare che la cenere venga dopo e che la legna da ardere venga prima. Si sappia che la legna risiede nella sua "posizione dharmica", e c'è un prima e c'è un dopo (come momento separati).

Per quanto esista un prima e un dopo, il prima e il dopo sono separati. La cenere è nella sua "posizione dharmica", e c'è un dopo e c'è un prima. Così come la legna dopo essere diventata cenere non torna a essere legna, anche l'uomo dopo la sua morte non torna a vivere. Quindi, il fatto che non si possa dire che la vita diventa la morte è un insegnamento stabilito dal Buddhismo.

Perciò, si chiama "non-nascita". Che la morte non diventa nascita è un insegnamento stabilito dalla dottrina Buddhista. Perciò si dice "non-estinzione". La nascita è un singolo momento e anche la morte è un singolo momento. E', per esempio, come l'inverno e la primavera. Non si dice che l'inverno diventa la primavera e che la primavera diventa l'estate.

L'uomo che giunge al risveglio è come la luna che risiede nell'acqua. La luna non si bagna e l'acqua non si lacera. (La luna dà) una grande e vasta luce, ma occupa nell'acqua un piccolo spazio. L'intera luna e l'intero cielo stanno nella rugiada sull'erba. Su una sola goccia d'acqua. Il fatto che il risveglio non lacera l'uomo è come la luna che non penetra nell'acqua. Il fatto che l'uomo non ostacoli il risveglio è come la goccia di rugiada che non ostacola la luna del cielo.

La profondità è nella dimensione dell'altezza. Riguardo alla dimensione temporale, bisogna considerare "la grande acqua e la piccola acqua" e bisogna conoscere la dimensione della luna del cielo. Quando il Dharma non ha ancora riempito il corpo/mente, si pensa che il Dharma sia già in misura sufficiente. Ma se davvero il Dharma riempisse completamente il corpo/mente, allora si penserebbe che ne mancherebbe un po'. Per esempio, se ci si imbarcasse su una nave e si guardasse a tutto raggio il mare, esso sembrerebbe rotondo. E non si vedrebbero altre forme. Tuttavia, il grande mare non è rotondo, e neppure quadrato e vi sono anche molte altre forme caratteristiche del mare che non si finirebbe di enumerarle. E' come un palazzo (visto dai pesci) o come un ornamento di pietre preziose (che brillano) (visto dagli esseri celesti). E' soltanto che per quanto possono vedere i nostri occhi, (il mare) appare rotondo. Lo stesso accade per tutte le cose.

Sia dal punto di vista comune che da quello del Buddhismo ci sono tanti punti di vista, ma (la gente) non può che comprendere ciò che gli permette la capacità di approfondimento del Buddhismo e di comprensione. Al fine di investigare le caratteristiche della realtà, oltre a vedere le cose rotonde e quadrate, bisogna considerare tutte le possibilità di forma di mari e montagne che sono tante e si deve sapere che esiste un mondo che si estende in tutte le direzioni. E non è così solo per il mondo che ci circonda, ma anche per ciò che ci riguarda e per ogni singola goccia.

Quando il pesce nuota nell'acqua, nuotando non c'è limite all'acqua. Quando l'uccello vola nel cielo, volando non c'è limite al cielo. Perciò, i pesci e gli uccelli da sempre non si separano dall'acqua e dal cielo. Quando essi hanno bisogno del grande usano il grande e quando hanno bisogno del piccolo usano il piccolo. In questo modo, raggiungono i limiti e colà non potendo procedere tornino indietro, ma se l'uccello uscisse fuori dal cielo morirebbe subito e se il pesce uscisse fuori dall'acqua morirebbe subito. Si deve sapere che l'acqua è vita e che il cielo è vita. L'uccello è vita e il pesce è vita. La vita è il pesce e la vita è l'uccello. Però bisogna andare oltre, cioè a pratica/illuminazione. In questo modo c'è la vita. Se ci fossero pesci e uccelli che vogliono vagare per l'acqua e per il cielo solo dopo essere giunti fino ai limiti dell'acqua e del cielo, essi non avrebbero una via (da percorrere) nell'acqua e nel cielo e non avrebbero un luogo (dove risiedere). Avendo un luogo dove risiedere, la quotidianità diventa il koan realizzato. E' così perché questa via da percorrere, questo luogo in cui risiedere, non sono grandi e neppure piccoli, non sono propri e neppure altrui, non sono prima di noi, e neppure qui adesso con noi.

Perciò, se un uomo fa pratica e giunge all'illuminazione del Buddhismo, quando riceve un dharma lo comprende, quando incontra un evento lo fa suo. Ecco che allora, avendo un luogo dove risiedere e una via da percorrere, sa di non poter conoscere i limiti della conoscenza. E' così perché questa conoscenza nasce insieme e va di pari passo allo studio e pratica del Buddhismo. Avere un luogo in cui risiedere conduce necessariamente alla conoscenza di sé e non ad apprendere una conoscenza intellettuale. (Tuttavia,) sebbene si realizzi immediatamente l'illuminazione, non necessariamente essa si realizza come cosa interiorizzata. Il fatto di esserne cosciente non è detto che necessariamente accada.

Mentre il maestro Hotetsu del monte Mayoku stava usando un ventaglio, venne un monaco e gli chiese: "La natura del vento non cambia: non c'è luogo dove non giunga. Perché allora tu usi il ventaglio?" Il maestro disse: "Tu sai solo che il vento ha una natura che non cambia. Però non sai la ragione per cui non c'è luogo ove non giunga". Disse il monaco: "Allora, qual è la ragione per cui non c'è un luogo ove il vento non giunga?" Al che, il maestro semplicemente agitò il ventaglio. Il monaco si inchinò.

L'illuminazione autentica del Buddhismo si basa sul percorso di salvazione come trasmesso correttamente (dai maestri e dai patriarchi). (L'affermazione) per cui non cambiando la natura del vento non si debba usare il ventaglio perché si sente ugualmente il vento, significa non conoscere la natura del vento né il fatto di non cambiare. Per il fatto che la natura del vento non cambia, il vento di coloro che praticano il Buddhismo fa realizzare che la grande terra è l'Eldorado e fa trasformare (l'acqua) del grande fiume in crema.

Scritto nell'autunno del primo anno dell'era Tenpuku (1233) per il discepolo laico Yokoshu del Kyushu. Inserito nello Shobogenzo nel 1252.


Note del traduttore (semplificate da me)
- Dharma: le cose, i fenomeni, la realtà
- "Illusione/risveglio": Dogen zenji conia una parola nuova composta dai due termini opposti di "illusione" e "risveglio" per indicare che essi non sono entità separate, ma sono parte di una stessa realtà, sono cioè le due facce della stessa medaglia e non possono mai essere separate. Questa concezione dell'illusione/risveglio è fondamentale nel pensiero di Dogen zenji, il quale opera profondamente a livello linguistico per esprimere compiutamente il proprio pensiero che si basa sul superamento della visione dualista della realtà.
- "Nascita/estinzione" e "persone comuni/Buddha", così come il già citato "illusione/risveglio" fanno parte della concezione non-dualista di Dogen zenji che crea parole nuove che in una singola unità lessicale inglobano significativamente i due opposti a mostrare anche visivamente come i due concetti siano strettamente legati e interdipendenti l'uno dall'altro.
- Bodhicitta: la mente dell'illuminazione.
- Le espressioni:"avere un luogo dove risiedere" o "avere una via da percorrere" equivalgono a: raggiungere l'illuminazione.
- Vento è sinonimo di comportamento in giapponese.


Ho tolto i commenti di Tollini, non perché non siano molto interessanti ed.. illuminanti.
Ma perchè già ascoltare una voce di un maestro ci porta lontano dalla nostra voce, con due voci il caos è totale. 
Con mille voci siamo la mandria.
Ascoltare una sola voce è comprendere se il messaggio fa risuonare qualcosa dentro di noi.
Risuonare non significa farci pensare o riflettere. Significa farci echeggiare.
Quando si riesce ad essere sufficientemente vuoti, qualcosa riecheggia.
Non è il riecheggiare la cosa importante, è la consapevolezza che solo nel vuoto si riecheggia.

E sebbene le parole del Dharma siano nel vento e chi le ha pronunciate altro non ha fatto che muovere il vento, è piacevole citare l'inesauribile fonte di Bertagni.
 

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