venerdì 23 novembre 2012

Compassione

Uno dei momenti più importanti del mio percorso è stato l'accettare me stesso.
Ovvero tutti i me stessi. E' facile accettare i propri lati belli, difficilissimo quelli brutti.
Sorge sempre la critica e il desiderio di migliorarsi. E' facile dire smetterò di fumare in un momento di esaltazione.
L'accettazione non è quello, è avere compassione della propria schiavitù dal fumare.
Non è qualcosa che si possa ottenere con la volontà o con lo studio.
Si raggiunge solo con il perdere, con l'abbandono, con l'enorme compassione che scaturisce per i noi stessi.
E' come aver sempre visto tante dita, tante personalità e rendersi conto che si chiudono tutte in una mano sola. E' vedere l'unità nella molteplicità. E in quel momento il giudizio cade e sgorga da dentro una profonda commozione e amore per tutto quello che si è, e poi la commozione improvvisamente si diffonde a tutto e tutti. Se posso amare tutte le parti di me stesso come non posso avere compassione per tutte le parti del mondo di cui sono essenza comune.
Tutto è un regalo nell'esistenza.

E ora un altro piccolo e affascinante brano di Jollien che mi ha fatto scaturire la riflessione di cui sopra.

Alexandre Jollien, Il filosofo nudo. Piccolo trattato sulle passioni sempre tratto dalla newsletter di www.lameditazionecomevia.it

"Appena un momento fa [...] ho capito che la gioia dipende da una semplicità pura, senza zavorre, in virtù di un'adesione sobria ma completa all'esistenza. Per un po' mi sono sentito libero da dispiaceri, rimorsi e desideri vani. Ho lasciato da parte tutto ciò che distoglie dalla vita per accogliere il presente in modo tenero e completo. [...] Il dispiacere ci rende infelici due volte: la prima per non aver realizzato ciò che desideravamo; la seconda perché riattiviamo la tristezza, sgridandoci per il fatto di provarla. Tutto l'opposto della gioia, nella quale non giudichiamo mai la vita!
Semplicemente, giudico troppo! Ed ecco un altro giudizio! Come fuggirne? Ma è poi possibile? Per accogliere tutto ciò che scopro in me devo contemplare senza troppi commenti il caos che incontro [...]
Accettare, accettare, accettare! La gioia dipende dal non-rifiuto. [...]
Se la gioia proviene dall'adesione al reale, essa richiede che io accolga ogni aspetto della vita [...]. Implica pure che io non rigetti la mia tristezza né i miei accessi di rabbia. Questo è necessario, per non cadere in una letizia di facciata, in una specie di farsa. [...]
La gioia proviene da una adesione che, al suo grado più elevato, accetta l'imperfezione del mondo. [...]
Se ripenso alla mia infanzia mi rendo conto che i momenti tristi, i dolori e la pena, non li ho mai vissuti a fondo. [...] Per eliminare e purificare i germi della tristezza che verranno ad agitarmi, devo proprio [...] osare una resa incondizionata nei loro confronti? [...]
Quando tutto spinge alla fuga bisogna restare disponibili e affrontare la tempesta. [...]
Mi rendo conto che ci sono ferite da cui non guarirò mai. Lungi dall'essere opprimente, questa constatazione libera e mi alleggerisce dal peso di un'illusoria guarigione totale. [...]
Spossato da tante corse, ho fatto il morto in metropolitana: nessuna tensione nel corpo, lo sguardo basso, le braccia lungo i fianchi. E se fosse questa l'accettazione: fare il morto? Per meglio rinascere e sprofondarsi nella gioia. [...] Sì, io rifiuto questo mondo. Le umiliazioni, le delusioni me ne allontanano! L'accettazione mi sembra così lontana. Sono sempre più convinto, tuttavia, che essa non richieda necessariamente uno sforzo, una lotta. [...]
Nei miei commenti non aderisco mai alla realtà. Faccio confronti, mi sottometto al regno dell'apparenza. [...]
Se si nutre un cane affamato, potete picchiarlo e picchiarlo, ma tornerà di sicuro il giorno dopo. Ma di certo le ferite resteranno per sempre... Dobbiamo accettare il fatto che forse non guariremo mai dalle nostre mancanze o dalle nostre piaghe, accettare che i colpi ricevuti in passato possano ossessionare l'anima, per aprirci ai doni dell'oggi [...].
Una gioia immensa: la perdita dell'illusione di una guarigione totale.
Ciò di cui avrei bisogno di fronte alle mie ossessioni sarebbe tornare di continuo a questa interiorità, fare il morto, non rifiutare le ferite [...]. Per ora mi basta dire: «Non accetto sempre la mia condizione, ma non è un problema». [...] Per cominciare, posso già accettare il fatto che non accetto. Qui e ora mi è impossibile un'adesione facile e immediata alla realtà"



giovedì 22 novembre 2012

l'essenza dell'abbandono è in ogni istante

"Ultimo appuntamento dal medico per un prelievo di sangue: più mi sforzavo di non muovermi, più il mio braccio, spastico, ne combinava di tutti i colori. Sentimento di totale impotenza rispetto a un corpo ribelle. All'improvviso mi si è imposta una parola: «D'accordo!» E la lotta si è poco a poco pacificata, la calma è giunta nonostante me. Amo ciò che il corpo insegna.
«D'accordo!». [...]
Voglio esercitarmi all'abbandono. Non si tratta di gettarmi in alto mare per imparare a nuotare, ma di praticare ad ogni occasione, fare del quotidiano il luogo profondo dell'esercizio.
[...] Ho il presentimento che al fondo di ogni grande gioia ci sia un cuore che si allarga, un essere che ritrova la sua dimensione: meno si fa caso a se stessi, meno si soffre. Incontrare veramente l'altro, ascoltarlo, vi contribuisce senz'altro. [...]
È una specie di legge paradossale che percepisco in maniera sempre più chiara: la gioia decentra. [...]
Aprirsi, aprirsi, ecco l'ascesi! [...]
Non si tratta di liberarsi del mondo, ma del mio mondo, delle etichette che classificano il reale, mi separano da esso e mi rinchiudono nella prigione dei miei pensieri [...]
Guadagno del giorno: [...] è il reale che guida i miei passi, solo così posso perseverare e progredire. L'ascesi procede insieme alla gioia, conduce allo spogliamento di sé e non alle mortificazioni o alle privazioni tristi. [...]
Osservare
«Guardare, ma non toccare!» Simili parole possono frenare la curiosità dei bambini nei musei. Ma non dovrebbero invece eccitare la mia, durante la visita del mio museo interiore? Insomma, non riesco mai ad osare il non agire, né guardare senza toccare (senza fuggire, senza iniziare qualcosa) i paesaggi intimi che la mia ignoranza [...] vela fin troppo spesso. Un riflesso curioso e molto potente vorrebbe che io prendessi delle decisioni senza alcuna proroga, vorrebbe che mi cambiassi. Perché non lasciarsi sprofondare fino alla regione dell'affettività invece di legarsi ai giudizi e ai pensieri? Non si tratta forse di conoscere tutto, di conoscersi a fondo?
Soltanto vedere ed esaminare [...].
Io sono questa porta, questa neve, sono quella passante che cammina in fretta. Accolgo i miei fragili passi sulla neve senza alcun giudizio. In breve. faccio saltare le distanze che mi separano dal mondo, le barriere interiori che mi dividono dalla realtà per sposare il reale senza giudicarlo. [...] Assorbirsi in ciò che si percepisce per dimenticare l'io. [...]
Di fronte al cedro ho preso coscienza del fatto che vivo nei miei pensieri, che mi separo dal mondo, che lo smembro con mia grande sofferenza [...]. Giudico il reale di continuo [...]. Ebbene, il cedro non serve a nulla: è. È là, semplicemente. Comincio a godere del fatto che la vigilanza non si opponga alla distensione"

Alexandre Jollien, Il filosofo nudo. Piccolo trattato sulle passioni

venerdì 21 settembre 2012

Non prendere decisioni durante la notte (Osho)


 
Domanda: Sono in difficoltà nella relazione con la mia ragazza e mi sto chiedendo se continuare oppure no.
Non avere fretta; il fatto è che la mente ha momenti luminosi e momenti oscuri, giorni e notti. Quando è giorno, tutto sembra bellissimo e puoi vedere ogni cosa con chiarezza.

Quando scende la notte, tutto diventa buio e non riesci a vedere nulla chiaramente.

Se decidi qualcosa in un momento in cui è notte, in un istante buio in cui l’energia è bassa, con ogni probabilità non sarà una cosa saggia, perché la realtà è che hai anche avuto dei bei momenti con questa donna.

Pensa un po’: siamo seduti qui insieme, c'è luce, puoi vedere me e tutte le altre persone presenti, puoi vedere gli alberi – e poi improvvisamente salta la corrente. Ora non puoi più vedere nessuno; gli alberi e tutto il resto non ci sono più. Ma puoi forse dire ora che gli alberi e le persone non esistono più? Se dici questo, hai preso una decisione prematura. Non ti ricordi che qualche istante fa c’era luce e gente, gli alberi erano verdi ed era tutto chiaro?

DECIDI SOLO QUANDO SI FA GIORNO!

Quando è notte, ricorda che c’è anche il giorno – non dimenticartene – e vedrai che presto il giorno arriverà. Quando devi decidere qualcosa, è sempre bene decidere durante il giorno; allora la tua vita sarà positiva. Se decidi di notte, la tua vita diventerà negativa. Questa è la distinzione che faccio tra una persona religiosa e una che non lo è: la persona non religiosa decide sempre della sua vita durante la notte, in uno stato negativo. Ecco perché non può dire che Dio esiste – essa afferma che Dio non c’è. Tutti i suoi ‘no’ messi insieme diventano un grande no: “Dio non esiste”. Tutti i sì messi insieme diventano un grande sì: “Sì, Dio c’è!”.

Aspetta! Le decisioni vanno prese quando c’è luce.

Quando senti che ami di nuovo questa donna, che le cose fluiscono e tutto è splendido, estatico, allora decidi, e se vuoi separarti, separati! Ma non decidere durante la notte. Ecco perché ti dico di continuare e di osservare. Passerà.

Esiste anche un terzo stato, il trascendente.

Quando hai visto venire il giorno e la notte tante e tante volte, comprendi che c’è qualcosa che è al di là di entrambi. La tua capacità di osservare è al di là di entrambi.

Quindi ci sono tre tipi di decisioni. Il primo è il tipo negativo che fa della tua vita un deserto. In quel caso nulla può fiorire – è solo frustrazione, è l’inferno! Il secondo tipo di decisione è la decisione del ‘sì’, la decisione presa durante il giorno – la vita diventa gioia, celebrazione. Sei contento, sei felice di essere: questo è il paradiso. E il terzo tipo non è né luce né oscurità – decidi a partire dal tuo stato di osservatore, dalle esperienze fatte sia durante il giorno sia durante la notte. Quella è la decisione suprema, quella che rende una persona illuminata. Aspetta, osserva, guarda, e lascia che spunti il giorno. E poi decidi.

martedì 24 luglio 2012

Genjo Koan - Il Koan Realizzato di Dogen Zenji

Genjo Koan- Il Koan Realizzato
di Dogen Zenji

Quando tutti i dharma sono il Buddha-Dharma, allora esistono "illusione/risveglio", la pratica, la nascita, la morte, tutti i Buddha e le persone comuni.

Quando la moltitudine dei fenomeni non sono basati sull'io, allora non esiste l'illusione nè il risveglio, non esistono i Buddha nè le persone comuni, non esistono la nascita nè l'estinzione.

Poiché la Via del Buddha originariamente balza al di là delle opposizioni, esiste "nascita/estinzione", esiste "illusione/risveglio", ed esiste "persone comuni/Buddha".

Tuttavia, pur essendo così come ho detto sopra, i fiori cadono proprio quando per affetto vorremmo trattenerli e le erbacce crescono proprio quando ci danno fastidio.

"Pratica/illuminazione" della realtà sono illusione se partono dal nostro io, ma a partire dalla realtà, "pratica/illuminazione" di sé è illuminazione.

Fare dell'illusione il grande risveglio è illuminazione, ma, nell'illuminazione perdersi nella grande illusione è cosa da persone non illuminate. Inoltre, vi sono persone che aggiungono illuminazione a illuminazione e persone che stando nell'illusione continuano a restare nell'illusione.

Quando i Buddha sono davvero dei Buddha, non si rendono conto necessariamente di esserlo. Però, essi sono davvero dei Buddha e continuano a essere Buddha.

Quando percepiamo le forme per mezzo dell'intero corpo/mente e quando ascoltiamo i suoni per mezzo dell'intero corpo/mente allora apprendiamo intimamente le cose e non è come se sullo specchio si riflettesse un'ombra oppure come se sull'acqua (di un stagno) si riflettesse la luna. Se apprendiamo un solo lato, l'altro lato rimane all'oscuro.

Apprendere il Buddhismo è apprendere se stessi; apprendere se stessi è dimenticare se stessi. Dimenticare se stessi è essere risvegliato alla Realtà. Risvegliarsi alla realtà è lasciar cadere il proprio corpo/mente e il corpo/mente degli altri.

Le tracce dell'illuminazione si estinguono, e perpetuiamo per sempre l'estinzione delle tracce dell'illuminazione. Quando gli uomini cercano per la prima volta la Via, sono lontani da essa, ai suoi limiti estremi, ma quando la Via viene trasmessa correttamente, allora si diventa subito un uomo vero.

Quando si è sopra una nave, osservando la riva si ha l'impressione errata che sia la riva a muoversi. Se, però, si volge lo sguardo in basso e si osserva la nave, allora si capisce che è la nave a muoversi. Allo stesso modo, se volessimo conoscere la realtà con il nostro corpo/mente che è instabile, si crederebbe erroneamente che il nostro spirito e la nostra natura è permanente. Ma se tornassimo alla concretezza considerando la realtà quotidiana, si renderebbe chiaro il principio secondo cui la realtà non è basata sul nostro io.

La legna da ardere diventa cenere, e (una volta bruciata) non torna indietro di nuovo a essere legna. Tuttavia, non si deve pensare che la cenere venga dopo e che la legna da ardere venga prima. Si sappia che la legna risiede nella sua "posizione dharmica", e c'è un prima e c'è un dopo (come momento separati).

Per quanto esista un prima e un dopo, il prima e il dopo sono separati. La cenere è nella sua "posizione dharmica", e c'è un dopo e c'è un prima. Così come la legna dopo essere diventata cenere non torna a essere legna, anche l'uomo dopo la sua morte non torna a vivere. Quindi, il fatto che non si possa dire che la vita diventa la morte è un insegnamento stabilito dal Buddhismo.

Perciò, si chiama "non-nascita". Che la morte non diventa nascita è un insegnamento stabilito dalla dottrina Buddhista. Perciò si dice "non-estinzione". La nascita è un singolo momento e anche la morte è un singolo momento. E', per esempio, come l'inverno e la primavera. Non si dice che l'inverno diventa la primavera e che la primavera diventa l'estate.

L'uomo che giunge al risveglio è come la luna che risiede nell'acqua. La luna non si bagna e l'acqua non si lacera. (La luna dà) una grande e vasta luce, ma occupa nell'acqua un piccolo spazio. L'intera luna e l'intero cielo stanno nella rugiada sull'erba. Su una sola goccia d'acqua. Il fatto che il risveglio non lacera l'uomo è come la luna che non penetra nell'acqua. Il fatto che l'uomo non ostacoli il risveglio è come la goccia di rugiada che non ostacola la luna del cielo.

La profondità è nella dimensione dell'altezza. Riguardo alla dimensione temporale, bisogna considerare "la grande acqua e la piccola acqua" e bisogna conoscere la dimensione della luna del cielo. Quando il Dharma non ha ancora riempito il corpo/mente, si pensa che il Dharma sia già in misura sufficiente. Ma se davvero il Dharma riempisse completamente il corpo/mente, allora si penserebbe che ne mancherebbe un po'. Per esempio, se ci si imbarcasse su una nave e si guardasse a tutto raggio il mare, esso sembrerebbe rotondo. E non si vedrebbero altre forme. Tuttavia, il grande mare non è rotondo, e neppure quadrato e vi sono anche molte altre forme caratteristiche del mare che non si finirebbe di enumerarle. E' come un palazzo (visto dai pesci) o come un ornamento di pietre preziose (che brillano) (visto dagli esseri celesti). E' soltanto che per quanto possono vedere i nostri occhi, (il mare) appare rotondo. Lo stesso accade per tutte le cose.

Sia dal punto di vista comune che da quello del Buddhismo ci sono tanti punti di vista, ma (la gente) non può che comprendere ciò che gli permette la capacità di approfondimento del Buddhismo e di comprensione. Al fine di investigare le caratteristiche della realtà, oltre a vedere le cose rotonde e quadrate, bisogna considerare tutte le possibilità di forma di mari e montagne che sono tante e si deve sapere che esiste un mondo che si estende in tutte le direzioni. E non è così solo per il mondo che ci circonda, ma anche per ciò che ci riguarda e per ogni singola goccia.

Quando il pesce nuota nell'acqua, nuotando non c'è limite all'acqua. Quando l'uccello vola nel cielo, volando non c'è limite al cielo. Perciò, i pesci e gli uccelli da sempre non si separano dall'acqua e dal cielo. Quando essi hanno bisogno del grande usano il grande e quando hanno bisogno del piccolo usano il piccolo. In questo modo, raggiungono i limiti e colà non potendo procedere tornino indietro, ma se l'uccello uscisse fuori dal cielo morirebbe subito e se il pesce uscisse fuori dall'acqua morirebbe subito. Si deve sapere che l'acqua è vita e che il cielo è vita. L'uccello è vita e il pesce è vita. La vita è il pesce e la vita è l'uccello. Però bisogna andare oltre, cioè a pratica/illuminazione. In questo modo c'è la vita. Se ci fossero pesci e uccelli che vogliono vagare per l'acqua e per il cielo solo dopo essere giunti fino ai limiti dell'acqua e del cielo, essi non avrebbero una via (da percorrere) nell'acqua e nel cielo e non avrebbero un luogo (dove risiedere). Avendo un luogo dove risiedere, la quotidianità diventa il koan realizzato. E' così perché questa via da percorrere, questo luogo in cui risiedere, non sono grandi e neppure piccoli, non sono propri e neppure altrui, non sono prima di noi, e neppure qui adesso con noi.

Perciò, se un uomo fa pratica e giunge all'illuminazione del Buddhismo, quando riceve un dharma lo comprende, quando incontra un evento lo fa suo. Ecco che allora, avendo un luogo dove risiedere e una via da percorrere, sa di non poter conoscere i limiti della conoscenza. E' così perché questa conoscenza nasce insieme e va di pari passo allo studio e pratica del Buddhismo. Avere un luogo in cui risiedere conduce necessariamente alla conoscenza di sé e non ad apprendere una conoscenza intellettuale. (Tuttavia,) sebbene si realizzi immediatamente l'illuminazione, non necessariamente essa si realizza come cosa interiorizzata. Il fatto di esserne cosciente non è detto che necessariamente accada.

Mentre il maestro Hotetsu del monte Mayoku stava usando un ventaglio, venne un monaco e gli chiese: "La natura del vento non cambia: non c'è luogo dove non giunga. Perché allora tu usi il ventaglio?" Il maestro disse: "Tu sai solo che il vento ha una natura che non cambia. Però non sai la ragione per cui non c'è luogo ove non giunga". Disse il monaco: "Allora, qual è la ragione per cui non c'è un luogo ove il vento non giunga?" Al che, il maestro semplicemente agitò il ventaglio. Il monaco si inchinò.

L'illuminazione autentica del Buddhismo si basa sul percorso di salvazione come trasmesso correttamente (dai maestri e dai patriarchi). (L'affermazione) per cui non cambiando la natura del vento non si debba usare il ventaglio perché si sente ugualmente il vento, significa non conoscere la natura del vento né il fatto di non cambiare. Per il fatto che la natura del vento non cambia, il vento di coloro che praticano il Buddhismo fa realizzare che la grande terra è l'Eldorado e fa trasformare (l'acqua) del grande fiume in crema.

Scritto nell'autunno del primo anno dell'era Tenpuku (1233) per il discepolo laico Yokoshu del Kyushu. Inserito nello Shobogenzo nel 1252.


Note del traduttore (semplificate da me)
- Dharma: le cose, i fenomeni, la realtà
- "Illusione/risveglio": Dogen zenji conia una parola nuova composta dai due termini opposti di "illusione" e "risveglio" per indicare che essi non sono entità separate, ma sono parte di una stessa realtà, sono cioè le due facce della stessa medaglia e non possono mai essere separate. Questa concezione dell'illusione/risveglio è fondamentale nel pensiero di Dogen zenji, il quale opera profondamente a livello linguistico per esprimere compiutamente il proprio pensiero che si basa sul superamento della visione dualista della realtà.
- "Nascita/estinzione" e "persone comuni/Buddha", così come il già citato "illusione/risveglio" fanno parte della concezione non-dualista di Dogen zenji che crea parole nuove che in una singola unità lessicale inglobano significativamente i due opposti a mostrare anche visivamente come i due concetti siano strettamente legati e interdipendenti l'uno dall'altro.
- Bodhicitta: la mente dell'illuminazione.
- Le espressioni:"avere un luogo dove risiedere" o "avere una via da percorrere" equivalgono a: raggiungere l'illuminazione.
- Vento è sinonimo di comportamento in giapponese.


Ho tolto i commenti di Tollini, non perché non siano molto interessanti ed.. illuminanti.
Ma perchè già ascoltare una voce di un maestro ci porta lontano dalla nostra voce, con due voci il caos è totale. 
Con mille voci siamo la mandria.
Ascoltare una sola voce è comprendere se il messaggio fa risuonare qualcosa dentro di noi.
Risuonare non significa farci pensare o riflettere. Significa farci echeggiare.
Quando si riesce ad essere sufficientemente vuoti, qualcosa riecheggia.
Non è il riecheggiare la cosa importante, è la consapevolezza che solo nel vuoto si riecheggia.

E sebbene le parole del Dharma siano nel vento e chi le ha pronunciate altro non ha fatto che muovere il vento, è piacevole citare l'inesauribile fonte di Bertagni.
 

lunedì 2 luglio 2012

Uccidere l'Io?

"L'illuminazione significa semplicemente che scompare il senso di un agente personale. Tutte le azioni sono viste come azioni della Totalità.
[...]
All'inizio, il senso della presenza è impersonale. Quando ti svegli al mattino, il primo barlume di presenza è impersonale. Poi diventa 'io sono questo e quello'. L'identificazione personale sopraggiunge in un secondo tempo. All'origine c'è solo il senso della presenza, il senso impersonale della presenza.
Cioè non sei un 'io', non provi il senso di essere un 'io'.
Esatto.
[...]
Nel caso del dolore, tu testimoni il dolore finché, a un certo punto, diventi il dolore. Il testimoniare si trasforma nell'esperienza del dolore senza nessuno sperimentatore gettato nel panico. C'è l'esperienza del dolore. Tu sei l'esperienza. Nell'esperienza, di profondo terrore o di indicibile estasi, non c'è nessuno che faccia l'esperienza. [...] Ogni esperienza è sempre esperienza nell'attimo. [...]
Coscienza, Comprensione, Testimoniare, Esperienza... indicano tutti la stessa cosa. C'è solo l'esperienza, nel momento presente. Lo sperimentatore nasce successivamente, quando il pensiero pensa all'esperienza e dice: «Che esperienza tremenda». Ma nel momento dell'esperienza c'era puro terrore, tu eri il terrore. Poi la mente fa sua l'esperienza e la riproietta.
La mente concettuale conserva il ricordo di quel terrore e continua a proiettarlo. Di qui nascono le nostre paure: dal ricordo. Le paure sono semplici proiezioni della mente basate sul ricordo. L'esperienza è sempre nel momento presente. [...]
Ieri hai parlato dell'essere totalmente assorbiti dal proprio lavoro. Non ricordo le parole precise, ma mi sembra di aver capito che, in quel momento, si è uno con la Coscienza, uno con l'Assoluto.
Meglio metterla in questo modo: in quel momento non c'è concettualizzazione in atto. La mente divisa tra soggetto e oggetto, l''io', non è in funzione.
Vuoi dire che ogni volta che la mente è completamente immersa in un'attività mentale o fisica, quello è lo stato?
È un ottimo stato, sì.
Lo stato naturale.
Sì.
[...]
Riconosco che il problema è l''io', ma non riesco a liberarmene.
Non puoi lottare contro l'io. Accettalo, e abbandonalo. Questa comprensione lo farà recedere lentamente sullo sfondo. [...]
Non si tratta di tenere sotto controllo il corpo e la psiche. I sensi, le emozioni e i pensieri devono fluire spontaneamente, nella fiducia che assumeranno un'armonia naturale. Voler controllare a forza la mente è come voler schiacciare le onde con un'asse. Un simile tentativo non farà che aumentare l'agitazione. Tentare a forza di unificarci significa tentare di sottomettere l'organismo a un governo dittatoriale.
[...]
Schiavitù è quando la mente desidera o si affligge per qualcosa. La mente desidera l'illuminazione e si affligge perché non è ancora illuminata. «Ci provo da dieci, dodici, venticinque anni, e non è successo niente». La mente si affligge perché non è 'successo niente'. Vuole che qualcosa accada, e si addolore se non accade. Liberazione è quando la mente non vuole, non desidera e non si affligge, quando è vuota, quando è aperta. Mente vuota non significa l'incapacità mentale di un deficiente: è una mente aperta e attenta, non condizionata. Non cerca niente, non è intasata da niente.
[...]
Non si tratta di trovare una risposta, ma del fatto che, non trovando risposta, la mente si placa. [...] Questa comprensione riconduce l''io' alla sua sorgente. Il problema nasce piuttosto dall'aver paura dell''io'. Accetta l''io', e tutto il resto, come parte dell'attività della Totalità, e osserva che cosa accade. Allora i problemi cesseranno.
In che senso 'accettare l'io'?
La persona comune, che non è un cercatore, non si fa problemi riguardo al proprio 'io'. È perfettamente soddisfatto di essere un 'io'. Ma, in conseguenza di migliaia di anni di condizionamento, il cercatore si sente dire: «L'io è il problema. Devi uccidere l'io, devi fare così, dive fare cosà». All'inizio, il cercatore riceve il messaggio che l''io' è il cattivo della situazione. «Devi sbarazzartene». Ma chi se ne sbarazzerà? L''io' non è disposto a fare hara-kiri, oppone resistenza. [...]
Comprensione significa assenza di aspettative, accettare tutto ciò che viene. [...] La comprensione si fonda sulla non opposizione. Lascia che le cose seguano la loro strada. Allora, sorprendentemente, le cose sembrano prendere una strada più facile, più leggera.
[...]
Quando cominci a chiederti chi è che respira? Quando qualcosa non va nel tuo respiro. Solo allora sei consapevole del respiro. Qualcosa non va nel tuo processo digestivo, e solo allora diventi consapevole della digestione. [...]
In genere non si è consapevoli di questi processi naturali. Il sistema nervoso, che è quanto di più complesso si possa immaginare, il meccanismo respiratorio, il processo della digestione, vanno tutti avanti da sé. Non ne prendiamo consapevolezza finché qualcosa non va. Perciò ti domando: «Come mai, allora, sei consapevole del problema della vita?». Perché c'è qualcosa che decisamente non va nella vita. Se la vita fosse naturale, come una tranquilla respirazione o una buona digestione, vivere non sarebbe un problema. Se la vita è un problema significa che non stai vivendo in modo naturale. Non stai vivendo in modo spontaneo" (49, 52, 55-56, 63-64, 74, 80-81, 83).


La coscienza parla di Ramesh Balsekar

Cosa fai quando la vita ti presenta una bella lama di coltello?

"Avere in mente un obiettivo è un errore. La vita procede. La vita scorre. [...]
Può diventare bellissima se non le fai opposizione. [...]
Se un extraterrestre capitasse a una festa e vedesse la gente che balla probabilmente si chiederebbe: «Che cos'è tutto questo? Che cosa stanno facendo? Qual è il senso e lo scopo?». Sarebbe difficile spiegargli che è soltanto una danza in cui la gente si diverte, e tutto ciò che fa è godersi il ballo" (p. 222).

Cerchiamo di capire anche l'altra faccia di questa impostazione. Cosa fai quando la vita ti presenta una bella lama di coltello, che ruota atrocemente tutta infilzata in pieno ventre? Stai soffrendo come un cane? Sì, stai soffrendo. Ti stai godendo il ballo? Forse mica tanto. E allora? E allora hai solo due possibilità, riguardo a quel dolore lancinante. O ti opponi o non ti opponi. La meditazione non è pensare stupidamente che arriverà un giorno in cui finalmente non soffrirai più. La meditazione è un approccio di serietà alle cose, di serietà e leggerezza, di coraggiosa adesione. È un esser con. Sei con: il ballo quando c'è il ballo, la lama quando c'è la lama, l'assenza di picchi emotivi quando c'è l'assenza di picchi emotivi. È un essere in pace, ma non la pace dell'ebete: piuttosto la pace di chi sa che massima saggezza è umanamente e pienamente abitare nel qui e ora del tempo e del mondo che ti sono dati. Con amore umile e sguardo terso."

La coscienza parla di Ramesh Balsekar

(come sempre grazie alla newsletter di www.lameditazionecomevia.it)

mercoledì 11 aprile 2012

Forget

Forget the suffering
You caused others.
Forget the suffering
Others caused you.
The waters run and run,
Springs sparkle and are done,
You walk the earth you are forgetting.

Sometimes you hear a distant refrain.
What does it mean, you ask, who is singing?
A childlike sun grows warm.
A grandson and a great-grandson are born.
You are led by the hand once again.

The names of the rivers remain with you.
How endless those rivers seem!
Your fields lie fallow,
The city towers are not as they were.
You stand at the threshold mute.

Czeslaw Milosz

venerdì 16 marzo 2012

Uno dei modi migliori di essere presenti è quello di separarsi dal disappunto derivato dal realizzare che non eravamo presenti

"Non c'è miracolo più grande dell'essere presenti. Tutto ha origine da questo e in virtù di questo niente ha mai fine.
Cosa significa il termine ricordo di sé? Significa che il vostro sé addormentato si sta ricordando di essere sveglio.
La fine è un'illusione perché il presente è eterno. Essere presenti dove si è, questa è la semplice storia della propria vita.
Ogni piccolo momento, privo di apparente importanza, è la nostra vita; semplicemente essere seduti cercando di essere presenti. [...]
Quello che dovremmo desiderare è il presente, ma quello che la macchina [umana] vuole è tutto tranne il presente. [...]
La macchina non è mai soddisfatta di dove si trova. [...]
È importante essere diligenti nel cercare di essere presenti, ma senza forzare troppo perché potreste diventare un ostacolo per voi stessi. [...]
Essere dove mi trovo, e accettarlo. [...]
Ogni momento offre la possibilità di penetrare il presente. [...]

Come si può smettere di avere fretta?
Rendendosi conto che il momento successivo non è migliore di quello presente.

Come si può evitare di criticare se stessi per il fatto di non essere presenti?
Gli 'Io' di autodeprecazione [che costituiscono la nostra persona] non sono ricordo di sé. Sono un altro spreco di tempo e riflettono, in realtà, una mente pigra. [...]
Goethe disse: «... ma chi sa cogliere il momento, quello sì che è un uomo in gamba». Sei tu che devi cogliere il momento [...].
Cerca di non distorcere il presente in qualcosa che non è; accettalo nei suoi termini inconfutabili. [...]
Casa è dove uno è presente. [...] La cosa di cui fare tesoro è lo stato e non il posto. [...]
Semplicemente cercare di essere dove si è in questo momento è ricordo di sé. Controllare la propria mente che è incline a vagare è un'espressione del ricordo di sé.
Mentre si cambia livello di essere si acquistano molti tesori fra cui, il più grande, è l'abilità di penetrare il presente più spesso e più profondamente. Si può avere tutto se si è paghi del presente [...].
Le nostre vite non sono altro che ogni singolo passo intrapreso e ogni singolo momento trascorso, ma le nostre macchine insistono nel pensare che la vita dovrebbe essere qualcosa di diverso dal presente. [...]
Orazio disse: «Felice di vivere e padrone di sé è chi al cadere di ogni giorno potrà dire: Ho vissuto...».
Uno dei modi migliori di essere presenti è ascoltare. [...]
La più elevata dimensione dell'essere ha luogo quando il proprio sé si ricorda di essere. [...]
Lo scopo della meditazione è essere presenti [...].
Uno dei modi migliori di essere presenti è quello di separarsi dal disappunto derivato dal realizzare che non eravamo presenti. [...]

Puoi dirci che cosa dobbiamo fare per essere presenti?
Dovete trovare quello che vi circonda più interessante dell'immaginazione"


da Il ricordo di sé di Robert Earl Burton (pp. 13-18).

lunedì 5 marzo 2012

Lettera di uno spettatore



Ragionavo sull’esistenza di una determinata tecnica adatta a tradurre quello che volevo fare, ovvero trovare un segno in grado di esprimere il significato che attribuiamo ad una parola come pittura, o musica nel suo caso. Questa mattina, sul treno che mi riportava a Bologna, ho capito che questa domanda non ha mai ragione di essere formulata, poiché la tecnica è sempre un accadimento di una visione interiore, e dunque non esiste un modo di rappresentare le cose, soltanto un modo di sentirle, nella speranza poi che questo sentimento abbia un valore universale. Si pensa generalmente che dato il modello ne si può ottenere la forma, in un determinato stile piuttosto che in un altro, seguendo i suggerimenti che dispiega la storia che ci precede. Ma la tecnica è un incidente, mai un progetto, poiché è proprio il discorso artistico, quello più vero e profondo, che mette in crisi la relazione tra il nostro sguardo e la realtà di tutti i giorni, giocando d’anticipo sul pensiero dell’autore, e creando ogni volta un gesto "su misura”.

Giorgio Morandi a Thelonious Monk, 21 aprile 1961

venerdì 24 febbraio 2012

Mirdad says

The very earth you tread; 
the very air you breathe, 
the very houses you dwell in 
can readily reveal to you the most minute details 
in the records of your lives, 
past, present and to come, 
had you but the stamina to read 
and the keenness to grasp the meaning.
[...]
Be kind and hospitable to all your guests 
whatever be their mien and their behavior; 
for they in truth are but your creditors. 
Give the obnoxious ones in particular 
even more than is their due 
hat they may go away thankful and satisfied, 
and should they visit you again, 
they would come back as friends 
and not as creditors.


Book of Mirdad  by  Mihail Naimy




Un libro denso, 
in cui ci si muove lentamente, 
con estrema soddisfazione.