venerdì 23 novembre 2012

Compassione

Uno dei momenti più importanti del mio percorso è stato l'accettare me stesso.
Ovvero tutti i me stessi. E' facile accettare i propri lati belli, difficilissimo quelli brutti.
Sorge sempre la critica e il desiderio di migliorarsi. E' facile dire smetterò di fumare in un momento di esaltazione.
L'accettazione non è quello, è avere compassione della propria schiavitù dal fumare.
Non è qualcosa che si possa ottenere con la volontà o con lo studio.
Si raggiunge solo con il perdere, con l'abbandono, con l'enorme compassione che scaturisce per i noi stessi.
E' come aver sempre visto tante dita, tante personalità e rendersi conto che si chiudono tutte in una mano sola. E' vedere l'unità nella molteplicità. E in quel momento il giudizio cade e sgorga da dentro una profonda commozione e amore per tutto quello che si è, e poi la commozione improvvisamente si diffonde a tutto e tutti. Se posso amare tutte le parti di me stesso come non posso avere compassione per tutte le parti del mondo di cui sono essenza comune.
Tutto è un regalo nell'esistenza.

E ora un altro piccolo e affascinante brano di Jollien che mi ha fatto scaturire la riflessione di cui sopra.

Alexandre Jollien, Il filosofo nudo. Piccolo trattato sulle passioni sempre tratto dalla newsletter di www.lameditazionecomevia.it

"Appena un momento fa [...] ho capito che la gioia dipende da una semplicità pura, senza zavorre, in virtù di un'adesione sobria ma completa all'esistenza. Per un po' mi sono sentito libero da dispiaceri, rimorsi e desideri vani. Ho lasciato da parte tutto ciò che distoglie dalla vita per accogliere il presente in modo tenero e completo. [...] Il dispiacere ci rende infelici due volte: la prima per non aver realizzato ciò che desideravamo; la seconda perché riattiviamo la tristezza, sgridandoci per il fatto di provarla. Tutto l'opposto della gioia, nella quale non giudichiamo mai la vita!
Semplicemente, giudico troppo! Ed ecco un altro giudizio! Come fuggirne? Ma è poi possibile? Per accogliere tutto ciò che scopro in me devo contemplare senza troppi commenti il caos che incontro [...]
Accettare, accettare, accettare! La gioia dipende dal non-rifiuto. [...]
Se la gioia proviene dall'adesione al reale, essa richiede che io accolga ogni aspetto della vita [...]. Implica pure che io non rigetti la mia tristezza né i miei accessi di rabbia. Questo è necessario, per non cadere in una letizia di facciata, in una specie di farsa. [...]
La gioia proviene da una adesione che, al suo grado più elevato, accetta l'imperfezione del mondo. [...]
Se ripenso alla mia infanzia mi rendo conto che i momenti tristi, i dolori e la pena, non li ho mai vissuti a fondo. [...] Per eliminare e purificare i germi della tristezza che verranno ad agitarmi, devo proprio [...] osare una resa incondizionata nei loro confronti? [...]
Quando tutto spinge alla fuga bisogna restare disponibili e affrontare la tempesta. [...]
Mi rendo conto che ci sono ferite da cui non guarirò mai. Lungi dall'essere opprimente, questa constatazione libera e mi alleggerisce dal peso di un'illusoria guarigione totale. [...]
Spossato da tante corse, ho fatto il morto in metropolitana: nessuna tensione nel corpo, lo sguardo basso, le braccia lungo i fianchi. E se fosse questa l'accettazione: fare il morto? Per meglio rinascere e sprofondarsi nella gioia. [...] Sì, io rifiuto questo mondo. Le umiliazioni, le delusioni me ne allontanano! L'accettazione mi sembra così lontana. Sono sempre più convinto, tuttavia, che essa non richieda necessariamente uno sforzo, una lotta. [...]
Nei miei commenti non aderisco mai alla realtà. Faccio confronti, mi sottometto al regno dell'apparenza. [...]
Se si nutre un cane affamato, potete picchiarlo e picchiarlo, ma tornerà di sicuro il giorno dopo. Ma di certo le ferite resteranno per sempre... Dobbiamo accettare il fatto che forse non guariremo mai dalle nostre mancanze o dalle nostre piaghe, accettare che i colpi ricevuti in passato possano ossessionare l'anima, per aprirci ai doni dell'oggi [...].
Una gioia immensa: la perdita dell'illusione di una guarigione totale.
Ciò di cui avrei bisogno di fronte alle mie ossessioni sarebbe tornare di continuo a questa interiorità, fare il morto, non rifiutare le ferite [...]. Per ora mi basta dire: «Non accetto sempre la mia condizione, ma non è un problema». [...] Per cominciare, posso già accettare il fatto che non accetto. Qui e ora mi è impossibile un'adesione facile e immediata alla realtà"



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