martedì 29 gennaio 2013

È un'indagine amichevole!

"Se volete osservare voi stessi, per prima cosa dovete trovare il vostro al fine di osservarlo. [...]
Ciò che dobbiamo fare davvero è sviluppare una nuova forma di osservazione di sé, più simile allo stare con sé. Essere semplicemente lì mentre tu crei il tuo sé, osservando questo processo in cui tu fai di te stesso un sé. Perché se tu non stai creando il tuo stesso sé, chi lo sta facendo? Nello dzogchen viene espresso così: «Rimanere con chi sta facendo qualsiasi cosa accada». Se sorgono pensieri, rimani con chi sta pensando quei pensieri. Se sorgono sensazioni, rimani con chi sta provando quelle sensazioni. Se non sorgono né pensieri né sensazioni, rimani con chi è completamente insensibile e ottuso. [...] Se osservate attentamente, siete in grado di vedere la nascita del sé. Ma se non osservate attentamente, [...] si presenterà sempre come una sede eterna del sé [...].
Se si trattasse soltanto di scoprire il colpevole, potreste effettuare un'indagine. Ma con questo genere di indagine il colpevole non esiste. Dunque è necessario un altro tipo di indagine, differente da quella della polizia. È un'indagine amichevole! Perché se potete diventare amici di voi stessi, baciarvi e carezzarvi, iniziate a rilassarvi. E se diventate molto abili, potete 'fare l'amore' con voi stessi, sciogliendovi completamente, allora non vi fate più del male. Questo è il principio generale dello dzogchen; e quel piacere, rilassamento, lasciar andare, serenità, fiducia, spontaneità, queste dilettevoli qualità sono la via. [...]
Non si tratta di mantenere un tipo di meditazione stabile e rigida, ma di procurare lo spazio che consenta all'esperienza di sorgere e passare. [...]
Non ci forziamo a fare qualcosa. Cerchiamo piuttosto di aprirci a una relazione più sottile con la nostra consapevolezza. [...]
Vaghiamo, nel senso che la nostra natura è proprio quella di essere in continuo movimento. Non è che scegliamo di muoverci o di fermarci, perché anche quando ci fermiamo, difficilmente ci fermiamo davvero; ci contraiamo, giocherelliamo nervosamente o facciamo qualcosa, perché la nostra condizione effettiva di esseri senzienti è che raramente siamo in uno stato di semplice essere. Noi siamo esseri che agiscono, reagiscono, si agitano, creano di controllare e rincorrono una sicurezza sfuggente" (pp. 27-30, 32-33, 36).


Il momento in cui ho capito che non dovevo più combattere con me stesso è sorto improvvisamente un grande senso di sollievo. Ho amato tutti i miei me stesso. E' stato come chiudere una mano e vedere che le dita, seppur diverse, sono un'unica cosa. Cercare è trovarsi.

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