mercoledì 26 gennaio 2011

Stalker di Andrei Tarkovskij



The film needs to be slower and duller at the start
so that the viewers who walked into the wrong theatre
have time to leave before the main action starts.

Ci sono film che non sono film. Sono atmosfere.
Stalker è un'atmosfera. Non è vero che l'azione inizia, come dice Tarkovskij.
Il film sono le musiche, i piani sequenza, l'immobilità, l'acqua.
Sono i dialoghi ed i monologhi, serrati, sospesi, il cui significato si perde.
Sono 163 minuti di film, 2 ore e 43 minuti. Un tempo epico, che avvolge.
Non riesco mai a vederlo tutto assieme, senza addormentarmi. Ma in Stalker il dormire, l'assopirsi è parte dell'esperienza del film, è il lasciarsi trasportare dal film in sé, nei suoi ambienti liquidi, nei suoi silenzi, nella natura in attesa.
La trama è la ricerca di un luogo, dove i desideri vengono soddisfatti. Un luogo che esiste ma che alla fine non serve. E' molto più pericoloso che un desiderio venga soddisfatto, piuttosto che rimanga tale. 
Ma guardare Stalker per seguire la trama è come andare ad un concerto per guardare l'orchestra.
In Stalker la trama è puramente strutturale per reggere la bellezza del film, dei colori, dei bianchi e nero, dei luoghi spettrali, dei volti degli attori, dei rumori, delle musiche, dei silenzi.
E Stalker ogni volta mi regala un sapore in bocca e sensazioni di casaliena, di pauramore, di sospensionestasi come nessun'altra cosa che io abbia mai visto.


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