martedì 12 aprile 2011

cicli

Si chiude il ciclo della scienza come fede.
Fukushima è la pietra tombale sulla fiducia nella scienza, già minata dagli OGM, dall'inquinamento e da tante cose che non ci piacciono più. Eravamo partiti bene all'inizio del secolo, Einstein, tecnologia, i treni, gli aerei, le automobili. L'apice è stato raggiunto con l'atterraggio sulla Luna. Il sogno di un'umanità in grado di superare limiti millenari. Poi ha continuato nell'interesse economico delle multinazionali, senza troppo pensare e riflettere.
Fukushima è la dimostrazione dell'incapacità dell'uomo di gestire ciò che ha realizzato. Non sanno cosa fare, gettano acqua sul fuoco come uomini primitivi, su di un fuoco che sanno come accendere ma non come spegnere. Il fuoco eterno.

E finisce l'Europa unita. Un sogno nato dalle ceneri del nazismo, rafforzato dal pericolo rosso, ma che non è sopravvissuto neppure vent'anni alla fine del comunismo. Tanta retorica e belle parole. Oggi con la crisi economica e nessun nemico ognuno fa quello che vuole. La moneta unica è stato il canto del cigno di un agglomerato che non è riuscito a superare l'ammucchiata. Di parlamenti schizofrenici che mettono al bando le auto e autorizzano gli OGM, di un governo che non governa e di stati che continuano ad andare in ordine sparso.

E come sempre quando qualcosa muore altro nasce.
Nasce la ricerca di vite equilibrate con il cosmo, speranze e timori millenaristici, fini del mondo e inizi.
Nasce la libertà di essere individui e la fine di conglomerati di cittadini.
Ma è più facile vedere quello che finisce che quello che sta nascendo.
Come un angelo della storia.

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C’è un quadro di Klee che si intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi, egli vorrebbe trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte ch’egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo sospinge irresistibilmente nel futuro, a cui egli volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui nel cielo. Ciò che chiamiamo il progresso è questa tempesta.

Walter Benjamin

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